Nel
prolungarsi della media della vita che caratterizza il nostro contesto storico,
l’attenzione ai cambiamenti del corpo e delle relazioni diventa itinerario
maturativo imprescindibile. È ormai scontato che la crescita non termina con
l’adolescenza! Si presentano come momenti più delicati e cruciali del ciclo
vitale le fasi di transizione, quelle in cui avviene il ‘passaggio’ da un
equilibrio corporeo e relazionale raggiunto e consolidato (ma ormai da
lasciare) a nuovi equilibri che devono essere inventati. Emerson ha scritto che
l’uomo dimostra la sua grandezza proprio nel modo in cui affronta questi
passaggi.
È allora che deve attraversare il vuoto, l’insicurezza e deve chiudere
i conti con le ferite più antiche. Si può affermare che in questi passaggi la
vulnerabilità e la fragilità della persona raggiungono punte di grande
intensità e anche di malessere fisico. Ma senza assumere i nuovi compiti
evolutivi non è possibile sperimentare nuovi traguardi maturativi. Tre fasi
scandiscono le transizioni: la sensazione della fine (le competenze e gli
equilibri raggiunti si rivelano insufficienti), la zona grigia (non si è più
come prima e non si è ancora diversi) e i nuovi inizi (frammenti di luce e di
pienezza che di tanto in tanto squarciano il buio). Il corpo che da bambino
diventa adulto, il corpo che conosce la solitudine inquieta o placata, il corpo
che conquista l’intimità amorosa di un altro corpo, il corpo che si apre alla fecondità
e a nuovi corpi, il corpo che conosce la fatica del lavorare e del creare, il
corpo che soffre la malattia, il corpo che esala l’ultimo respiro... ecco i
passaggi decisivi del ciclo vitale. Nelle società primitive la comunità offriva
un sostegno specifico a coloro che vivevano tali momenti attraverso i riti di
passaggio. Il venir meno di quei momenti rende oggi più difficile (e, a volte,
addirittura impedisce) la crescita sana e piena.
Giovanni
Salonia, Sulla Felicità e dintorni. Tra
corpo, parola e tempo, Ed. Il Pozzo di Giacobbe, pagg. 145-146
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