Ma
l’adulto, perché gioca? «In vista della ricreazione» direbbe Aristotele. Ma che
significa? Per cominciare, la scelta di giocare è, per definizione, libera. Si
sceglie, infatti, di giocare ed anche a quale gioco giocare. Poter scegliere ha
un grande fascino sull’uomo, fa sopportare anche sacrifici, competitività,
rischi di sconfitta. Nella libertà di scegliere se giocare o no l’uomo vive,
più o meno consapevolmente, il riscatto dalla mancanza originaria di libertà dell’esistenza,
che ci viene consegnata come un dato su cui non abbiamo avuto potere
decisionale o di scelta. Sentirsi protagonisti è un’esperienza profondamente
liberante. Ma non solo. Nel gioco si può riparare il limite angosciante della
non ripetibilità dell’esistenza. Se l’inizio non ci appartiene, ciò che (ci)
accade non può essere ripetuto: che sia venuto bene o male non possiamo
ripartire da capo. «Einmal ist keinmal» ha detto Kundera: vivere
una volta è come non vivere, perché
significa non avere la possibilità di fare le prove, o di rimediare a qualcosa
che è risultata diversa dalle attese. Forse il poter ricominciare, nel gioco,
ci permette lentamente di recuperare la ferita di una impossibile palingenesi.
Giovanni
Salonia, Sulla Felicità e dintorni. Tra
corpo, parola e tempo, Ed. Il Pozzo di Giacobbe, pagg. 159-160
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