Se in terapia si riattiva uno schema simile (il paziente invidia
il terapeuta perché in posizione up) la relazione terapeutica può
rischiare – come sostiene la Klein – una sorta di blocco incurabile. In tali situazioni,
si dovrebbe suggerire una terapia successiva per elaborare l’invidia per il
primo terapeuta. Questa dinamica terapeutica è un’ulteriore conferma
dell’importanza di pensare alla crescita del bambino (e alla cura del paziente)
in termini non lineari (figura genitoriale/bambino) ma in termini triadici
(cogenitorialità): è la relazione genitoriale (l’essere in
due-in-interazione-costruttiva) e non la relazione genitore-bambino che fa
crescere o curare. Ma in una prospettiva gestaltica bisogna soprattutto mettere
in chiaro che tale dinamica (invidia-gratitudine) non va generalizzata, perché
fa riferimento unicamente alla fase della dipendenza. L’invidia è al posto
della ‘gratitudine’ solo nelle relazioni asimmetriche, quando il bambino
dovrebbe passare dalla dipendenza all’autonomia, sviluppando la sana
aggressività che lo separa e lo individua. Quando tale separazione non avviene,
il bambino o rimane nella dipendenza o diventa invidioso nei confronti dei
genitori (che hanno tutto e lui niente). Contrariamente a quanto afferma la
Klein, l’ingordigia non è un’emozione primaria, ma si sviluppa se un genitore
si è trattenuto nel dare al figlio quello di cui questi aveva bisogno. Si vuole
tutto dai genitori quando non si è avuto ‘tutto’ ciò di cui si aveva reale
bisogno. Spesso come conseguenza saranno invidiati gli insegnanti o i terapeuti
perché possessori di ciò che all’invidioso manca: potere e sapere. Non si è
pronti per comprendere che potere e sapere hanno senso solo in funzione della
capacità di far crescere l’altro e in ciò trovano il loro genuino compimento.
Giovanni
Salonia (ed.), “I come invidia”, Cittadella Editrice - Psicoguide, 1° Edizione
Marzo 2015, pagg.68-69
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