Un
rischio per il terapeuta è rappresentato, a volte, dal lasciarsi, a sua volta,
sedurre dal paziente. Osserva Oscar
Wilde che la fonte non vede Narciso perchè nei suoi occhi vede (a sua volta!)
la propria bellezza… vede in lui se stessa («In the mirror of his eyes I saw ever my own beauty mirorred»). È un sentirsi lusingati come
terapeuti da un paziente particolarmente competente o speciale a livello
sociale. Una collega mi chiede in supervisione se può accettare l’invito di un
suo paziente – famoso attore di teatro – che di tanto in tanto solo per pochi
intimi offre delle performance.
Lei avrebbe voluto
accettare per creare un buon feeling
con il paziente, ma
parlandone prese consapevolezza del fatto che partecipando e applaudendo avrebbe
creato una confusione nel suo prendersi cura di lui (livello di funzione-Personalità).
Molte terapie con pazienti narcisisti si interrompono proprio per questa
confusione di competenze. I confini tra terapia e vita (in particolare con i
pazienti narcisisti) devono rimanere sempre chiari e intoccabili. In questo
senso, un altro luogo che può diventare terreno di lotta sono le regole del
setting terapeutico: «Non è forse vero – sosterrà il paziente – che fuori dalla
seduta si parla con maggiore spontaneità?». Questa lotta assumerà forme
differenti: quanto più lo scontro sarà intenso (ad esempio: innamoramento non
corrisposto dal terapeuta o disprezzo indifferente nei confronti del
terapeuta), tanto più il paziente potrà diventare consapevole delle arcaiche
distorsioni della funzione-Personalità del suo sè.
Giovanni
Salonia, Pensieri su
Gestalt Therapy e vissuti narcisistici, in G.
Salonia,V. Conte, P. Argentino, Devo
sapere subito se sono vivo. Saggi di psicopatologia gestaltica, Ed. Il
pozzo di Giacobbe, pagg. 171-172
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