Se
l’emergere delle sensazioni non è stato interrotto, inizia la seconda fase,
ossia il processo di identificazione del bisogno e di orientamento sul da
farsi. Se l’interruzione accade in questo momento, invece di fidarsi della
propria spontaneità, il soggetto si attacca in modo inconsapevole e rigido a
‘introietti’ ingoiati (i ‘devi’, gli ‘idola’ di baconiana memoria). Non
essendo (stato) incoraggiato a fidarsi della propria spontaneità, egli è
travolto dalla paura di sbagliare e diventa dipendente in modo acritico dall’A.
Perls direbbe: non mastica il cibo per mancanza di fiducia nei propri denti. Per
questo l’O. nega il proprio gusto e si fa guidare da valutazioni e gusti non
suoi e non assimilati. È un processo talmente inconsapevole che, ad un certo
punto, egli «giustifica come normale ciò che il Sé che si concentra sente come
corpo alieno che vuole rigettare». A livello corporeo, l’interruzione (e quindi
l’a.) crea sorrisi forzati, desensibilizzazione del palato, bacino arretrato,
nausea, incapacità di masticare il cibo fino in fondo (l’alcolismo rientra in
questa fase, come molte altre dipendenze).
Giovanni
Salonia, L’anxiety come interruzione
nella Gestalt Therapy in G. Salonia, V. Conte, P. Argentino, Devo sapere subito se sono vivo. Saggi di
psicopatologia gestaltica, Ed. Il pozzo di Giacobbe, pag. 44
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