Per
F.Perls i pensieri ossessivi rappresentano un succhiotto: un attaccarsi per non
agire, per non rischiare di provocare un cambiamento delle relazioni. Lo stile
relazionale ossessivo, infatti, si sviluppa in una fase evolutiva più avanzata
rispetto alla modalità fobica. La paura – che non sostenuta è diventata terrore
– emerge nel corpo del bambino quando le emozioni iniziano ad essere avvertite
e spingono all’azione. È come se il bambino avesse ricevuto il primo sostegno
nel sentire i vissuti, ma poi gli è mancato un sostegno nel lasciarsi andare al
fluire delle emozioni. Adesso il corpo del bambino sente l’energia, ma non si
fida e tenta in modo disperato di tenerla sotto controllo. Mentre il corpo (lo
schema corporeo) del fobico è come se fosse rimpicciolito, il corpo
dell’ossessivo è tesissimo, essendo egli continuamente impegnato in modo drammatico
nel compito immane di controllare le energie che avverte. I pensieri ossessivi,
pur avendo forme diverse, hanno come caratteristica comune l’indecisione che
esprime (quasi rende visibile) il dramma interiore-relazionale: «Mi lascio o
non mi lascio andare alle emozioni nella relazione?». Le indecisioni concernono
alcuni tematiche di fondo: la sicurezza/insicurezza («Ho spento/non ho spento
il gas», «Ho chiuso/non ho chiuso la porta»), la salute («Ho il cancro/non ho
il cancro»), la colpa («Sono/non sono responsabile»), la perfezione
(«Sbaglio/non sbaglio»).
Giovanni
Salonia,
L’angoscia
dell’agire tra eccitazione e trasgressione. La Gestalt Therapy con gli stili
relazionali fobico-ossessivo-compulsivi in G. Salonia, V. Conte, P. Argentino, Devo sapere subito se sono vivo. Saggi di
psicopatologia gestaltica, Ed. Il pozzo di Giacobbe, pag. 207
Etichette: #CollanailPozzodiGiacobbe, #giovannisalonia