L’invidioso, non
essendo completo (non è consapevole di tutte le proprie parti perché esclude i
limiti e, a volte, anche le proprie potenzialità), vede dell’altro solo un
frammento (la qualità che egli non ha). Dato che ‘il bisogno struttura il
campo’, come un assetato vede il mondo in modo dicotomico (acqua/non acqua),
così l’invidioso legge il mondo solo nel perimetro angusto dell’avere o non
avere delle qualità, al cui possesso attribuisce ogni ipotesi di felicità. La
rigidità percettiva (vedere il mondo in modo riduttivo: bisogno/non bisogno) è
sempre un blocco della crescita e della maturazione personale e relazionale
della persona. Man mano che la persona cresce, i bisogni si trasformano in
desideri: non si impongono come necessitanti, ma si inseriscono nella storia e
nei progetti del soggetto. Il diabetico che vede un dolce opererà una scelta
matura (funzione-Io del Sé) se terrà conto del bisogno della gola (funzione-Es
del Sé) e anche della sua identità di diabetico (funzione-Personalità del Sé).
In altre parole, quando la sua gola e il suo palato vibrano alla vista del
dolce, egli deve essere capace di ‘parlare con se stesso’ e di chiedersi come
coniugare questa attrazione con la propria identità di diabetico che risulta
dall’avere assimilato questa malattia e dal guardare ai rischi legati al
trascurare le indicazioni mediche). È questo dialogo intrapersonale il segno
che dal bisogno si è passati al desiderio e che si è capaci di scelta matura
(funzione-Io del Sé) perché si è consapevoli e in contatto con la funzione-Es
(cosa sento e cosa voglio a livello di sensi e di emozioni) e con la
funzione-Personalità (chi sono io, l’identità assimilata).
Giovanni
Salonia (ed.), “I come invidia”, Cittadella Editrice - Psicoguide, 1° Edizione
Marzo 2015, pagg.64-65
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