Nel ventaglio dei sentimenti c’è sicuramente da annoverare
l’invidia, sentimento così difficile da mettere a fuoco, da cogliere in tutte
le sue sfumature perché spesso alberga nelle ombre. Tra tutti i sentimenti
essa è spesso bollata come inaccettabile, deprecabile. L’invidia sembra non
corrispondere alla dignità umana e per questo viene relegata nei nascondigli
più profondi. Nonostante essa possa trasparire, ad es. dall’ obliquità dello
sguardo, non viene mai dichiarata. Anche l’educatore fa fatica a individuarla,
confondendola a volte con la gelosia o con i generici ‘capricci’. Eppure è
importante vederla – così come ogni altro sentimento del bambino – perché
soltanto così è possibile nominarla diminuendone in tal modo la valenza.
Vederla è poterla rimandare con le parole giuste, non vuote e stereotipate ma
con un linguaggio creativo, affinché diventi parte della consapevolezza
corporea del bambino. Poterla vedere significa aprire lo sguardo rendendolo
capace, da una parte, di accogliere ciò che accade nel momento, dall’altra, di
andare oltre la punta dell’iceberg, nel cuore del desiderio confuso del
bambino.
Dada Iacono – Ghery Maltese, “L’invidia, i bambini, le
fiabe”, in Giovanni Salonia (ed.), “I come invidia”, Cittadella Editrice -
Psicoguide, 1° Edizione Marzo 2015, pp. 78-79
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