Di conseguenza, si può affermare che, nella società borderline, l’ascolto
attento dei PBL offre prospettive interessanti per ritrovare opportunità di
incontri e di legami relazionali, per una comprensione più accurata del caos
presente, a volte, nelle relazioni umane nella postmodernità. La loro
stranezza, quando non zittita da diagnostiche descrittive o interpretative,
aiuta a comprendere come la convivenza sia possibile se il confronto delle
diversità non avviene sull’asse ‘ragione o torto’, ‘sanità o follia’, bensì su
quello della traduzione. Dare dignità ad ogni linguaggio. Non rinunciare a
dialogare ma rinunciare all’ossessione di comprendere l’altro, ossia di
controllarlo. Apprendere a convivere senza comprendersi ma nel rispetto delle diverse
lingue. Un dialogo, quindi, che deve inventare condizioni nuove: tradurre il
linguaggio dell’altro senza squalificarlo (nelle fasi conflittuali) e senza
mentire per confermarlo (nella confluenza nevrotica), ma riconoscendo le varie
forme di verità di cui è portatore. Essere disponibili a rivedere il proprio
linguaggio con il rigore (una sorta di rasoio di Ockham) di chi è consapevole
della ambiguità, delle manipolazioni, delle confusioni implicite non solo nella
polisemia delle parole ma anche nella molteplicità degli sfondi impliciti. Riconoscere
serenamente il frammento di confusione nel proprio linguaggio apre spazi di
condivisione e di incontro.
Giovanni Salonia,
La luna è fatta di formaggio. Traduzione Gestaltica del Linguaggio Borderline
(GTBL), in G.
Salonia (ed.), La luna è fatta di
formaggio. Terapeuti gestaltisti traducono il linguaggio borderline, Ed. Il
pozzo di Giacobbe, pp. 42-43
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