In
definitiva, la sfida del tempo attuale non consiste unicamente nel recupero di
quei valori che tradizionalmente vengono associati alla figura del padre, ma
nel garantire al contempo una presenza adeguata – citando ancora Winnicott
diremmo ‘sufficientemente buona’ − del ‘materno’ all’interno della gestalt familiare,
per consentire ai figli di assimilare le esperienze formative che attengono ad
entrambi i domini (quale che sia la figura genitoriale che rappresenta l’uno o
l’altro): riconoscimento e sfida, sicurezza e ricerca di sé, possibilità e
limiti. E proprio di questo ci parla il personaggio di Geppetto, che potremmo
definire un padre postmoderno, antesignano dei padri di oggi che condividono il
ruolo genitoriale con madri ‘mascolinizzate’ e presenti negli spazi della città
non meno che in quelli della casa. Anche Geppetto infatti, come i padri odierni,
assume talvolta connotati ‘materni’, esprimendo nei confronti del figlio
calore, accoglienza e fiducia incondizionati, oltre ad assolvere per lui
funzioni quali il nutrimento, l’accudimento fisico, ecc. D’altra parte, è
invece principalmente la Fata Turchina a educare Pinocchio secondo il codice
paterno […]. L’attualità
della figura di Geppetto può insegnarci che invocare il ritorno del ‘padre’ non
significa voler o dover ristabilire l’autoritarismo e quella distanza affettiva
su cui i padri, fino al secolo scorso, spesso costruivano il rapporto con i
figli.
Claudia Angelini, Da Geppetto a Pigmalione: il maschile come presenza che (si) trasforma,
in GTK5, Rivista
di Psicoterapia, Dicembre 2014, p. 81
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