È stato affermato a ragione che gli animali mettono in crisi l’antropocentrismo
(K. Barth) e, addirittura, possano educare l’uomo. La tradizione ebraica, ad
esempio, ha molti di questi racconti.
Dall’asina di Balaam alla giovenca che non volendo arare nello Shabbat educò il pagano Joachanan a uscire
dall’autoreferenzialità. Racconti che, a ben riflettere, mostrano come l’uomo debba
apprendere dall’animale a comportarsi secondo la propria intima autoregolazione
(in Gestalt Therapy: funzione-Personalità). L’animale, infatti, si comporta
sempre da animale: anche quando mostra delle sensibilità che gli umani, a
torto, definiscono quasi umane per una ingiusta appropriazione o per una
simpatica metafora. È un non-senso costatare come venga definito,
arbitrariamente, in termini proiettivi, ‘animalesco’ un comportamento che è
solamente disumano. Dagli animali si impara che ogni istanza regolativa deriva dalla
propria condizione: gli umani dovrebbero imparare dagli animali che la loro
istanza regolativa, quella che li rende umani, consiste nell’interiorità e
nella relazione.
Giovanni Salonia,
Presentazione in Aluette Merenda, Incontri
terapeutici a quattro zampe. Gestalt therapy e prospettive di
zooantropologia clinica, ed.
Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2014, pp. 9-10
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