L’articolo, partendo da una rilettura di alcuni passi del testo Attacchi di panico e Postmodernità, affronta il complesso rapporto tra disagio psichico e sfondo storico-sociale in cui esso prende forma. Caratterizzato da continue trasformazioni, da uno sviluppo caotico ed eterogeneo di stimoli e significati, il mondo attuale ostacola la costruzione di solide identità e sani percorsi di crescita. L’esperienza degli attacchi di panico esprime le difficoltà del nostro tempo, quelle contrassegnate da un’autonomia che non poggia su saldi sistemi di riferimento ma nasce dalla negazione delle proprie debolezze e del bisogno dell’altro. Attraverso una disamina clinica e fenomenologia delle due principali angosce esistenziali dell’essere umano, nell’articolo si opera una distinzione tra l’esperienza di crisi di panico e quella di attacco di panico. La prima, legata ad un’ansia da separazione, è tipica di una soggettività non compiutamente integrata, che fatica ad esprimersi spontaneamente; la seconda è caratteristica, invece, di coloro che non hanno beneficiato di un ground solido e temono l’ingresso in una nuova appartenenza nella quale si sentono risucchiati. Il dialogo e il senso di appartenenza costituiscono la risposta etica e politica allo smarrimento del contesto attuale e alla realizzazione di possibili percorsi di intervento che coinvolgono tanto il singolo quanto la sfera sociale.
Annalisa Castrechini, Gtk 5
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