Il terapeuta: consegnato alla parola…

Innanzitutto, la consapevolezza che le parole che curano non possono essere apprese una volta per tutte. La parola cura proprio se è ‘nuova’, quando rinasce ad ogni incontro. In altri termini, le parole curano se non diventano strumenti di potere, atemporali e aspaziali, ma rimangono luogo in cui gli uomini, nel qui-e-adesso, si incontrano e si riconoscono. Paradossalmente, le parole curano se dette nella terra-di-nessuno, dove ci si incontra nella nudità della condizione umana. Il dover ricominciare da capo con ogni paziente, ad ogni seduta, come se fosse ancora la prima nonostante anni di lavoro, è la fatica disarmante ma affascinante della psicoterapia. Solo dentro questa ricerca si scopre l’antica saggezza greca che indica nello stupore l’inizio di una vera conoscenza; è lo stupore che rende nuova la parola. Il terapeuta deve diventare ogni giorno di più una persona consegnata pienamente alla parola, nella ricerca mai sazia di coglierne sfumature e vibrazioni, risonanze e aperture, nessi e invocazioni, pause e silenzi.
Giovanni Salonia, Sulla felicità e dintorni. Tra corpo, parola e tempo, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2011, pp. 69-70.



Etichette: , , , , ,