Prima di ogni cosa l’adulto raggiunge il bambino nel suo mondo, nel suo narrarsi, usando il suo linguaggio, le sue metafore, le sue immagini. A quel punto – ossia dopo aver accettato il mondo del bambino – è possibile per l’adulto offrirgli (l’opposto è imporre, che è negazione dell’altro) il proprio mondo, così da aprirsi entrambi, attraverso una nuova sfida, ad un’altra narrazione. Il racconto diventa incontro.
Adulto e bambino partecipano in questo modo ad una comune danza, nella quale il bambino esplora e crea una realtà diversa nel momento in cui può esprimere le sue fantasie, mentre l’adulto si assume il rischio di aprire lo spazio alla narrazione intessuta di immaginazione e delle stesse azioni del bambino.
Tratto da: Dada Iacono - Ghery Maltese, Come l'acqua… Per un’esperienza gestaltica con i bambini tra rabbia e paura.
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