L’esistere di ogni cosa (animata e inanimata) è sempre un
esistere ‘tra’ altre cose. L’esser-ci si dà sempre come esser-ci-tra altri
esserci (in questo senso si parla della inevitabile mondanità di ogni esistere:
in-der-Welt-sein). Essere
creature/creati coincide con l’essere perimetrati: ogni confine ‘tra’ delinea
l’identità di una cosa nel momento stesso in cui la distingue e la separa dalle
altre.
A questo punto diventa intrigante transitare dalla
categoria dell’‘esser-ci-con’ (Mit-da-Sein)
a quella dell’‘esser-ci-tra’ (magari inventando un termine come Zwischen-da-Sein). La preposizione
‘tra’, infatti, a differenza di ‘con’, descrive con maggiore puntualità le
condizioni esistenziali dell’esserci. L’uomo è un essere-tra: non solo
riferendosi all’antica riflessione greca (metaxù/tra
gli dei e gli animali), ma includendo le categorie a priori dello spazio (si
esiste occupando uno spazio e confinato da altri corpi) e del tempo (ogni
presente è sempre collocato tra l’attimo prima e l’attimo dopo) fino a
raggiungere il senso di appartenenza (essere ‘tra’ noi o ‘tra’ di loro).
Pur consapevoli che la traità include in modo inevitabile,
pervasivo e determinante gli oggetti inanimati,
in questo contributo mi soffermo sulla traità che accade a livello
interpersonale, delineando le forme che essa assume nei vari contesti relazionali.
G. Salonia, Il paradigma triadico della traità. I contributi della Gestalt Therapy e di Bin Kimura, in A. Colonna Romano, Io-tu. In principio era la relazione, ed. il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2012.
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